Le storture di un sistema.
Lo diceva già Platone e Aristotele lo ribadiva. È difficile trovare una forma di governo perfetta. C’è chi sostiene sia impossibile. E allora ci si deve adattare a quello che viene definito il “meno peggio”. È vero che i grandi pensatori del passato sostenevano che questo sistema andasse applicato solo in determinati periodi, alternandolo di tanto in tanto con altre forme di governo. Ma ai nostri giorni non sarebbe pensabile sostituirlo.
Siamo quasi tutti concordi nel sostenere che la Democrazia sia il sistema più vicino, almeno concettualmente, ad una giustizia amministrativa dello Stato. Purtroppo non ne consideriamo abbastanza le aberrazioni, delle quali ci avvertivano già i grandi maestri del pensiero greco antico.
Ma se la previsione era tutto sommato se non rosea ma accettabile, nella definizione della Demagogia quale peggiorativo di Democrazia, siamo riusciti a “peggiorare il peggio”. Abbiamo creato la Partitocrazia. Una forma di virus che ha aggredito gran parte delle Democrazie del momento.
I Partiti, o i gruppi politici in genere si stanno chiudendo in sette che vogliono arrivare al controllo totale dei comportamenti dei loro stessi adepti. Non si limitano infatti a dare indicazioni programmatiche, esecutive o elettorali, il che sarebbe lecito e arriverei a dire anche corretto.
La vera aberrazione arriva quando al momento di votare una legge o un provvedimento, si sostiene il contrario di quanto dichiara l’avversario, senza indagare sulla qualità della proposta. L’obiettivo dei partiti pare quasi sia diventato sostenere assolutamente la tesi contraria del competitor.
La situazione attuale
La conferma di questa tesi la abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Dichiarazioni che si contraddicono rispetto a tesi sostenute recentemente, polemiche sterili, arrampicamento sugli specchi, sofismi.
Già in passato, e si parla di circa 2000/2500 anni orsono, abbiamo superato la tesi che la retorica fosse indice qualitativo di proposta. Incuranti di ciò stiamo andando verso un’abitudine che perpetra una condizione molto pericolosa.
Vediamo infatti partiti o movimenti di opposizione che urlano soluzioni inapplicabili e boicottano a priori le iniziative di governo, qualunque esse siano. Buone o cattive, necessarie o inutili, obbligatorie o facoltative. Senza indagare su quanto sarebbe il bene della Nazione. Salvo poi fare le stesse cose prima bocciate qualora salissero al potere. E questo, sia ben chiaro, è un discorso che accomuna tutte le parti politiche, ed è indice di scarsa qualità degli attori.
Si va quindi speditamente verso una stortura della Democrazia che, attraverso la Partitocrazia spinta dei nostri giorni, aggiunge un’accezione che definirei tribale. La “tribù”, parte della casta, tende a compattarsi e concentrarsi non sul vero, non sul buono, non sul bene, ma sull’utile a lei stessa.
Senza contare che esiste un fil-rouge che lega maggioranza di tipo tribale e minoranza di tipo tribale: la convenienza della casta. Tutti attenti a non perdere i privilegi di potere, che vanno oltre l’aspetto economico, ma che generano comunque profitti di qualsiasi tipo.
E a nulla serve che la situazione dello Stato sia tragica. Il “disegno” va avanti in omaggio agli interessi politici personali.
La domanda è: meritiamo questa Democrazia Tribale?